L'incidente ben noto oramai, riguardante la "perdita" delle emails di Gmail, (poi rotrovate, quindi mai perse) allarmò circa 500.000 utenti, poi 50.000, poi si parlò di 27.000 sino a che questa ultima cifra venne confermata ma a parte un certo spavento e un disservizio durato oltre 24 ore, tutti gli utenti ripresero felicemente possesso della loro posta. Sono incidenti, forse impossibili da evitare e questo non toglie sicuramente la nostra fidugia nei servizi, oltretutto gratuiti, della grande G. Ma dovrebbe farci riflettere su come il software è sempre stato molto vulnerabile ed oggi lo è anche di più grazie al suo stretto legame con un hardware sempre più sofisticato, rapido e quindi delicato. I fatti ci dovrebbero insegnare che lavorare on-line comporta una serie di rischi che non sono legati direttamente con le nostre azioni bensì con quelle altrui e, nel caso della posta elettronica, un programma tipo POP3 o IMAP che scarica i dati direttamente nel nostro disco fisso è una buona scelta soprattutto per coloro che, sempre di più, usano l'email come strumento di lavoro. Il problema però ci riconduce ad altre questioni legate ai sistemi nella nube: virtualizzazione, ftp, dati sincronizzati sono acronimo di dipendere dagli altri a cominciare dalla linea elettrica che quando ha una avaria, può essere temporaneamente risolta con un sistema SAI (sistema ad alimentazione ininterrotta, a batteria quindi) e da un portatile con sufficente autonomia. Poi viene il problema della stabilità della connessione: a volte per un problema nella linea ADSL o semplici lavori di manutenzione non possiamo terminare il nostro lavoro. Se tutti i nostri dati sono su server esterni dovremo rassegnarci ad aspettare che termini l'incidenza. In sostanza è raccomandabilissimo avere sempre una copia fresca dei nostri dati a portata di mano che, se integrata con una copia remota, sarà doppiamente più efficente. Ma per il momento la parola "remoto" deve restare solo una integrazione.
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